Questa sala è il gran “lieto fine” di questo Museo, cioè questo museo ospitava già la collezione di cassapanche sarde antiche raccolte da Antoneddu Sau, che è stato un falegname ma anche un semiologo diciamo ante litteram. Lui raccoglieva queste meraviglie dicendo “tutti questi segni così antichi prima o poi qualcuno li studierà e li capirà”: in realtà è quasi l’altra metà della mia mezza mela, cioè questa Sardegna centro del mondo in realtà ha anche sulle sue cassapanche sempre in ogni frontone o un Albero della Vita al centro o un Rosone e sempre ai due lati ha i due uccellini le palombelle i pavoni che rappresentano l’oriente e l’occidente. Quindi il titolo che abbiamo dato a questa sala che abbiamo un po’ riordinato è “Cassapanche sarde: autoritratto del Centro del mondo”. Ognuna di queste cassapanche presenta il particolare del simbolo di centralità che hanno sul frontone, però a fianco c’è un gemello internazionale, ci si accorge che questo Albero della Vita che troviamo anche sui tappeti d’oriente è un simbolo che è presente dappertutto e man mano che si analizza la cassapanca e la documentazione che c’è dietro, ci si rende conto che la Sardegna era consapevole di essere al centro del mondo fin dall’antichità, autorappresentandosi, poi sparisce questo centro, questo concetto spaziale di centro sparisce, si spartisce e si replica in giro per il Mondo.
La Sardegna scompare, il ricordo rimane vivo. I Greci si faranno un nuovo Omphalos, Delfi, ma Delfi se lo faranno nell’VIII secolo aC.; l’slam si farà la Mecca, a 700 km di distanza dal mare più vicino. Ma nel Corano c’è scritto che il Trono di Allah è sull’acqua: e, se ti comporti male, sempre nel Corano finisci nell’abisso. E, certo,non è facile finire nell’abisso in un posto come la Mecca nel pieno del deserto.